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Sentenza del 30 settembre 2020 – Presidente relatore: Dott. Donato Pianta

Gli interessi moratori non hanno natura
remunerativa, bensì risarcitoria, in quanto la loro funzione è quella di tenere
indenne la controparte dal danno causato dal ritardo nel proprio adempimento.
Essi sono assoggettabili alla disciplina dell’usura e anche la sola pattuizione
di interessi moratori usurari è sufficiente all’applicazione delle suddette
norme. 

La pattuizione contrattuale degli
interessi moratori non può ritenersi usuraria se il criterio di calcolo
applicato al fine di determinare il tasso soglia di tali interessi è corretto,
in quanto applica la maggiorazione di 2,1 punti percentuali del TEGM riferito
all’interesse corrispettivo.

Se viene accertata la natura usuraria
degli interessi moratori, unica conseguenza è la debenza dei soli interessi
corrispettivi e non l’azzeramento degli interessi dovuti.

Non sussiste indeterminatezza nelle
condizioni del contratto di leasing laddove si riscontrano, nel testo
contrattuale, l’indicazione del costo del bene finanziato, la durata del
contratto, la periodicità, il numero e l’importo dei canoni a carico
dell’utilizzatore, il tipo di tasso applicato e l’eventuale criterio di
indicizzazione del tasso stesso.

E’ applicabile anche al leasing il principio espresso con
riferimento ai mutui ad ammortamento, secondo il quale la formazione delle rate
di rimborso, nella misura composita predeterminata di capitale ed interessi,
attiene alle mere modalità di adempimento di due obbligazioni poste a carico
del mutuatario – aventi ad oggetto l’una la restituzione della somma ricevuta
in prestito e l’altra la corresponsione degli interessi per il suo godimento –
che sono ontologicamente distinte e rispondono a finalità diverse. Sicché il
fatto che nella rata esse concorrano, allo scopo di consentire all’obbligato di
adempiervi in via differita nel tempo, non è sufficiente a mutarne la natura né ad eliminarne
l’autonomia (si veda, in parte motiva, Cass. Civ., sez. I, 22 maggio 2014, n.
11400); di conseguenza, non si configura l’ipotesi di anatocismo.

È ritenuta legittima la stipulazione di un contratto di leasing
“a tasso indicizzato”, in cui ciascun rateo è legato ad un parametro
finanziario di riferimento pattuito dai contraenti ed inserito in una specifica
clausola contrattuale di indicizzazione. Tale clausola non è però autonoma,
essendo un elemento accessorio e non scindibile rispetto al contratto di cui fa
parte, ragion per cui deve essere assoggettato alla medesima disciplina cui
deve essere sottoposto il contratto nel suo complesso. Di conseguenza non può
nemmeno ritenersi necessaria la stipulazione di un contratto-quadro, non
essendo in presenza di alcuno strumento finanziario autonomo e a sé stante.

E’
da ritenersi valida la clausola risolutiva espressa laddove la sua operatività,
prevista espressamente per il “mancato o ritardato adempimento, anche parziale,
di uno degli obblighi assunti dall’Utilizzatore”, è specificata con l’esplicito
richiamo delle varie fattispecie rilevanti: il
profilo d’inadempimento è dunque delineato in modo puntuale e specifico.

Principi espressi a seguito dell’impugnazione della sentenza del
Tribunale, al fine di vedere dichiarata la nullità del contatto di
leasing per usurarietà del tasso di interesse.

(Massime a cura di Lorena Fanelli)