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Tribunale di Brescia, ordinanza dell’11 agosto 2020 – s.n.c., revoca liquidatore per giusta causa




Sentenza del 7 agosto 2020 – Presidente: Dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: Dott. Davide Scaffidi

Le azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori di una società di capitali previste dagli artt. 2393 c.c. e 2394 c.c. (o, per la s.r.l., artt. 2476, co. 3, e 2476, co. 6, c.c.), pur essendo tra loro distinte, in caso di fallimento dell’ente, confluiscono nell’unica azione di responsabilità, esercitabile, previa autorizzazione del giudice delegato, esclusivamente da parte del curatore.

In punto di prescrizione, la disciplina applicabile a detta azione si atteggia in modo differente a seconda dei presupposti operativi evocati: pur essendo comunque quinquennale il termine prescrizionale dell’azione di responsabilità ex art. 146 l. fall., il dies a quo è differente a seconda che il curatore abbia agito con la legittimazione processuale ex art. 146 l. fall. nell’esercizio: a) dell’azione sociale di responsabilità, oppure b) dell’azione di responsabilità esperibile da parte dei creditori.

In tal senso, il termine di prescrizione decorrerà quindi:

a) per l’azione sociale, dal momento in cui, per effetto dell’inadempimento degli obblighi degli amministratori e dei sindaci, si verifichi il danno alla società; il dies a quo, pertanto, può essere posteriore non solo a quello in cui si sia verificato l’inadempimento, ma anche a quello in cui amministratori e sindaci siano cessati dalla carica (ferma la sospensione del termine, quanto agli amministratori, durante lo svolgimento dell’incarico ex art. 2941, n. 7, c.c.);

b) per l’azione dei creditori sociali, dal momento – che può essere anteriore o coincidente con la dichiarazione del fallimento – in cui gli stessi siano stati in grado “di venire a conoscenza dello stato di grave e definitivo squilibrio patrimoniale della società” (conf. Cass. n. 9619/2009, n. 20476/2008, n. 941/2005). In ragione dell’onerosità della suddetta prova a carico del curatore, avente ad oggetto l’oggettiva percepibilità dell’insufficienza dell’attivo a soddisfare i crediti sociali, sussiste una presunzione iuris tantum di coincidenza tra il dies a quodi decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento, spettando all’amministratore convenuto nel giudizio (che eccepisca la prescrizione dell’azione di responsabilità) dare la prova contraria della diversa data anteriore di insorgenza dello stato di incapienza patrimoniale (conf. Cass. n. 13378/2014). La relativa prova, se è vero che può desumersi anche dal bilancio di esercizio (conf. Cass. n. 20476/2008), deve pur sempre avere ad oggetto “fatti sintomatici di assoluta evidenza (indicati da Cass. n. 8516/2009 nella chiusura della sede sociale, nell’assenza di cespiti suscettibili di esecuzione forzata, ecc.), nell’ambito di una valutazione che è riservata al giudice di merito e insindacabile in sede di legittimità, se non per vizi motivazionali che la rendano del tutto illogica o lacunosa” (conf. Cass. n. 24715/2015).

Sussiste la responsabilità dell’amministratore unico laddove, all’esito della perizia, risulti dimostrato che il medesimo abbia redatto i bilanci in modo errato, di fatto occultando l’intervenuta erosione del capitale sociale, ed abbia omesso di adottare i provvedimenti di cui all’art. 2482-ter c.c., proseguendo indebitamente l’attività d’impresa, aggravando così il dissesto.

In tal caso, sussiste altresì la responsabilità solidale del collegio sindacale, inadempiente rispetto agli obblighi di vigilanza ex art. 2407, co. 2, c.c., avendo lo stesso omesso di rilevare le predette violazioni gestorie e non avendo reagito adeguatamente di fronte agli illeciti amministrativi posti in essere dall’amministratore unico, essendosi limitato soltanto a prospettare, in modo incompleto, la sussistenza di alcune criticità nella gestione della società poi fallita.

In tema di azione di responsabilità esercitata dal curatore fallimentare, ai fini della liquidazione del danno è necessario evidenziare che il pregiudizio arrecato alla società ed ai creditori sociali deve essere calcolato, in conformità all’art. 2486, co. 3, c.c., come di recente modificato, attraverso il criterio dei cc.dd. “netti patrimoniali”, ossia nella differenza tra il patrimonio netto alla data di cessazione della carica gestoria o a quella di apertura della procedura concorsuale, da un lato, ed il patrimonio netto alla data in cui si è verificata la causa di scioglimento, dall’altro, una volta detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità.

In tema di responsabilità dei sindaci nei confronti della società, non può trovare accoglimento la domanda di manleva formulata dal sindaco nei confronti dell’assicurazione laddove la richiesta di risarcimento formulata dal sindaco sia pervenuta all’assicurazione soltanto quando la polizza aveva cessato la sua validità ed efficacia e la maggiorazione del premio prevista dal regolamento negoziale per l’estensione postuma illimitata della garanzia – riconducibile al modello “on claims made basis” – non sia mai stata corrisposta.

Principi espressi nel giudizio promosso dal curatore fallimentare di una società a responsabilità limitata ex artt. 2393 c.c., 2407 c.c. e 146 l. fall. contro l’ex amministratore unico e gli ex componenti del collegio sindacale della società, poi fallita, a fronte del compimento di atti di mala gestio da parte dell’amministratore unico, nonché l’omessa adeguata vigilanza da parte dei componenti dell’organo collegiale.

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Sentenza del 4 agosto 2020 – Presidente relatore: Dott. Raffaele Del Porto

È fondata l’eccezione di incompetenza del Tribunale a conoscere della domanda di risarcimento danni per gli atti di mala gestio, asseritamente compiuti dall’amministratore di una società, quando l’azione, diretta a verificare la correttezza dell’operato dell’organo gestorio della società, coinvolge “diritti disponibili relativi al rapporto sociale”, che risultano ricompresi nella clausola compromissoria prevista statutariamente in forza della quale sono devolute alla cognizione di un arbitro le eventuali controversie insorte fra i soci o fra i soci e la società, anche se promosse da amministratori e sindaci o revisore, ovvero nei loro confronti, anche non soci e che abbiano per oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale.

Ai fini dell’accoglimento di un’azione di illecito concorrenziale, volta all’accertamento della fattispecie di sviamento di clientela e al conseguente risarcimento del danno, l’attore deve fornire la prova di specifiche condotte di natura illecita in contrasto con le regole di corretta concorrenza e dell’effettiva incidenza causale di dette condotte rispetto al danno patito.

In tema di illecito concorrenziale, il mero dato del sensibile calo del fatturato realizzato dall’attore nei confronti del cliente costituisce un elemento indiziario, privo peraltro dei necessari caratteri di precisione e gravità, che non consente di ritenere provata un’effettiva attività illecita produttiva di un danno.

In tema di illecito concorrenziale, si esclude la sussistenza di alcun danno patito dall’attore con riferimento a particolari clienti, quando il fatturato realizzato nei confronti di detti clienti sia andato progressivamente aumentando raggiungendo il suo picco proprio prima della proposizione dell’azione.

Principi espressi in relazione all’azione proposta da una società tesa ad ottenere il risarcimento di tutti i danni cagionati, per atti di mala gestio, dall’ex amministratore e quale corresponsabile di illecito concorrenziale commesso nella (nuova) qualità di direttore del settore vendita della società concorrente.

(Massime a cura di Francesco Maria Maffezzoni)