Sentenza del 3 aprile 2020 – Presidente: Dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: Dott. Davide Scaffidi
L’accertamento della violazione degli obblighi incombenti sugli amministratori costituisce presupposto necessario, ma non sufficiente per ravvisare in capo all’amministratore stesso una responsabilità di tipo risarcitorio: ed in vero, affinché si configuri la responsabilità in esame è necessaria la prova del danno, ossia del deterioramento effettivo e materiale della situazione patrimoniale della società, nonché la prova della riconducibilità diretta, sotto il profilo causale, del danno lamentato alla condotta omissiva o commissiva oggetto di contestazione (conf. Cass. n. 5876/2011; Cass. n. 7606/2011).
Inoltre, la specifica allegazione del nesso eziologico, oltre a fungere da parametro per l’accertamento della sussistenza della responsabilità risarcitoria dell’amministratore, è altresì funzionale, sotto il profilo oggettivo, a circoscrivere il risarcimento del danno soltanto a quegli effetti patrimoniali negativi che sono conseguenza diretta dell’inadempimento posto in essere dall’amministratore stesso. Dal punto di vista dell’onere probatorio, in tema di risarcimento del danno, poi, spetta a chi agisce l’onere di provare l’esistenza del danno stesso, il suo ammontare nonché il fatto che esso sia stato causato dal comportamento illecito di un determinato soggetto, ossia il nesso eziologico che lega il danno al comportamento.
Nell’azione di responsabilità promossa dal curatore a norma dell’art. 146 l. fall., la mancata (o irregolare) tenuta delle scritture contabili, pur se addebitabile all’amministratore convenuto, non giustifica che il danno risarcibile sia determinato e liquidato nella misura corrispondente alla differenza tra il passivo accertato e l’attivo liquidato in sede fallimentare (conf. Cass. SS.UU. n. 9100/2015).
Principi espressi nel giudizio promosso dal curatore fallimentare di una società a responsabilità limitata ex artt. 146 l. fall., 2394-bis c.c., 2392 e/o 2393 e/o 2394 c.c., 2476 c.c. nei confronti dell’amministratore e socio della società, poi fallita, nonché ex art. 2476, comma 7, c.c. nei confronti delle socie. A fondamento delle sue pretese risarcitorie, l’attrice ha dedotto, oltre alla mancata tenuta delle scritture contabili, il compimento di atti distrattivi da parte dell’amministratore, perpetrati sulla base di scelte avallate dalle stesse socie.
(Massima a cura di Marika Lombardi)