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Ordinanza del 25 gennaio 2019 – Presidente: dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: dott. Lorenzo Lentini

In difetto di espressa previsione legislativa, la chiamata in garanzia di un soggetto avente personalità giuridica di diritto straniero non può determinare l’incompetenza sopravvenuta del tribunale correttamente adito secondo i criteri di competenza di cui al d.lgs. n. 168/2003, né con riferimento alla causa di garanzia, ove la chiamata del terzo sia stata autorizzata dal giudice al fine di realizzare il simultaneus processus, né tantomeno in relazione alla causa principale, rispetto alla quale la società straniera non è neppure parte.

Principi espressi in ipotesi di rigetto dell’eccezione di incompetenza formulata da parte convenuta, in ipotesi, una s.r.l., nel giudizio di contraffazione promosso nei suoi confronti; la convenuta, in particolare, aveva eccepito l’incompetenza territoriale del tribunale adito secondo gli ordinari criteri di cui al d.lgs. n. 168/2003, a seguito della chiamata in garanzia del terzo produttore, nel caso di specie, una società di diritto tedesco.

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Sentenza del 21 gennaio 2019 – Presidente: Dott. Donato Pianta – Consigliere relatore: Dott. Giuseppe Magnoli

La
banca che intenda far valere un credito derivante da un rapporto di conto
corrente deve provare l’andamento dello stesso per l’intera durata del rapporto,
dal suo inizio e senza cesure di continuità.

I principi sono stati espressi nel giudizio di
appello promosso da una s.p.a. in liquidazione e concordato preventivo contro
la sentenza di primo grado che aveva respinto l’opposizione promossa dalla
medesima società avverso il decreto ingiuntivo emesso dal tribunale in favore
di una banca.

In particolare, l’appellante chiedeva che fosse
dichiarato illegittimo il decreto ingiuntivo in quanto emesso in assenza di
prova scritta idonea.

(Massima
a cura di Marika Lombardi)




Sentenza del 9 gennaio 2019 – Presidente: Dott. Donato Pianta – Consigliere estensore: Dott. Giuseppe Magnoli

Il
documento sui rischi in generale è finalizzato a rendere consapevole il
potenziale investitore dei rischi cui potrà andare incontro nel prosieguo del
rapporto e descrive, tra l’altro, i rischi correlati all’investimento in
strumenti finanziari. Da tale documento non può evincersi la caratterizzazione
del rischio correlata ad ogni singolo ordine di investimento, perché la sua funzione
è soltanto quella di fornire informazioni di base sui rischi connessi agli investimenti
e alle gestioni. La consegna del documento generale sui rischi non può quindi,
da sé sola, fornire la prova dell’intervenuto adempimento degli obblighi di
informazione posti a carico dell’intermediario.

Con
riguardo all’intermediazione finanziaria, l’affermazione o la negazione della
validità dei rapporti contrattuali e della responsabilità dell’intermediario
non possono emergere mediante indagine peritale, bensì sulla base dei soli
elementi probatori acquisiti al giudizio, ex art. 115 c.p.c., su impulso
delle parti (prova orale e documentale).

In tema di intermediazione finanziaria, il requisito
della forma scritta del contratto–quadro, posto, a pena di nullità (azionabile
dal solo cliente) dall’art. 23 del d.lgs n. 58 del 1998, va inteso non in senso
strutturale, ma funzionale, avuto riguardo alla finalità di protezione dell’investitore
assunta dalla norma, sicché tale requisito deve ritenersi rispettato ove il
contratto sia redatto per iscritto e ne sia consegnata una copia al cliente, ed
è sufficiente che vi sia la sottoscrizione di quest’ultimo, e non anche quella
dell’intermediario, il cui consenso ben può desumersi alla stregua di
comportamenti concludenti dallo stesso tenuti (Vedi Cass., SS.UU., n. 898 del
16 gennaio 2018)

La
validità dei contratti-quadro e delle relative integrazioni inerenti alle
operazioni in strumenti finanziari derivati deve essere valutata sulla base del
contenuto degli accordi così come risultanti nei contratti stessi, e non dell’attuazione,
o meno, di quanto in essi stabilito ed in generale di quanto previsto a carico
dell’intermediario come obbligazione di legge. L’eventuale inadempimento
infatti attiene al profilo funzionale della causa, non a quello genetico, e
pertanto incide sul piano della responsabilità contrattuale, e non su quello
della validità del negozio giuridico.

Il
fatto che la banca gestisca gli ordini vendendo i derivati e finanziando l’investitore
per il loro acquisto, così come la pluralità dei ruoli assunti dall’intermediario
per la compresenza di attività di consulenza, ricezione di ordini ed eventuale
finanziamento per la formazione della relativa provvista, non fa di per sé
presumere la sussistenza di interessi in conflitto rispetto a quelli dell’investitore.

Principi espressi a seguito
dell’impugnazione, da parte del cliente di un istituto di credito, della
sentenza del tribunale che aveva rigettato la domanda di
nullità, o comunque di invalidità, del
contratto quadro stipulato con la banca e di tutti i negozi e operazioni
relativi, nonché la domanda subordinata di risoluzione di detti negozi per
inadempimento dell’istituto di credito.

(Massime
a cura di Marika Lombardi)




Decreto dell’8 gennaio 2019 – Presidente: dott.ssa Angelina Augusta Baldissera – Giudice relatore: dott. Stefano Franchioni

Nella procedura di verifica dei crediti e nel conseguente giudizio di opposizione allo stato passivo il curatore fallimentare agisce in qualità di terzo sia rispetto ai creditori del fallito che richiedono l’ammissione al passivo, sia rispetto allo stesso fallito, ragion per cui non è applicabile nei suoi confronti l’art. 2709 c.c., secondo cui i libri e le scritture contabili delle imprese soggette a registrazione fanno prova contro l’imprenditore, essendo detto articolo invocabile solo nei rapporti fra i contraenti o i loro successori, fra i quali ultimi non è annoverabile il curatore nell’esercizio della funzione istituzionale di formazione dello stato passivo (conf. Cass. 15.03.2005, n. 5582).

Per tale motivo non può essere deferito al curatore il giuramento decisorio vertente su una circostanza che risulterebbe dalle scritture contabili del fallito, posto che le risultanze di queste non potrebbero avere portata “decisoria”, non essendo in grado di definire il giudizio.

Principi espressi in ipotesi di rigetto di opposizione allo stato passivo. Il Tribunale ha escluso l’ammissibilità della richiesta di deferire il giuramento decisorio al curatore fallimentare, affermando che, anche qualora venisse accertata la circostanza dedotta nel capo del giuramento deferito al curatore, la stessa non avrebbe portata “decisoria” e non sarebbe in grado di definire il giudizio, dato che il curatore, nell’esercizio delle sue funzioni, è in una posizione di terzietà rispetto ai creditori ed al fallito.

(Massima a cura di Francesco Maria Maffezzoni)