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Decreto del 24 luglio 2018 – Presidente: dott.ssa Simonetta Bruno – Giudice relatore: dott.ssa Angelina Augusta Baldissera

Costituisce principio giurisprudenziale consolidato quello per cui il giudice – anche successivamente all’ammissione al concordato preventivo e quindi, a maggior ragione, nella fase di ammissione – è tenuto ad effettuare una valutazione circa la fattibilità giuridica del piano proposto, sotto il profilo della correttezza giuridica, ed è chiamato a riscontrare i presupposti di ammissibilità alla procedura, ex art. 160 l.f. (conf. Cass. Sez. Unite, 23.01.2013, n.1521).

In caso di concordato in continuità indiretta ex art 186-bis l.f. mediante cessione dell’azienda all’affittuaria, al fine di soddisfare il requisito di cui al co. 2, lett. a), di tale norma, non è sufficiente allegare il bilancio dell’affittuaria, ma è necessario inserire nel piano la valutazione circa la capacità reddituale e finanziaria della stessa nonché l’analisi dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività d’impresa. Tali requisiti vanno peraltro sottoposti al vaglio tecnico e critico dell’attestatore.

Al fine di soddisfare il requisito dell’art. 186-bis, co. 2, lett. b), l.f., la relazione del professionista di cui all’articolo 161, co. 3, l.f. deve attestare che la prosecuzione dell’attività d’impresa prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori, ma tale attestazione deve essere sorretta da dati concreti, come una perizia di stima del valore dell’azienda, posto che detta relazione deve contenere un’analisi tecnica, nonché un concreto apparato informativo e valutativo che consenta ai creditori di esprimere il giudizio, loro riservato, di convenienza economica del concordato.

Principi espressi in ipotesi di declaratoria di inammissibilità della domanda di concordato preventivo, ex art. 162, co. 2, l.f., avendo il Tribunale ritenuto che essa non fosse sostenuta da un adeguato apparato conoscitivo e valutativo tale da consentire ai creditori di formulare un giudizio di adesione pienamente informato e consapevole.

(Massima a cura di Francesco Maria Maffezzoni)




Ordinanza del 20 luglio 2018 – Presidente relatore: dott. Raffaele Del Porto

Nell’ambito del procedimento di reclamo, ex art. 669 terdecies c.p.c., avverso il provvedimento che ha autorizzato il sequestro conservativo nei confronti degli amministratori di una società fallita, ai quali siano stati addebitati, fra l’altro, la mancata tempestiva rilevazione della causa di scioglimento rappresentata dalla perdita integrale del capitale sociale e l’illegittima prosecuzione dell’attività d’impresa in un’ottica non meramente conservativa, è precluso l’espletamento di una consulenza tecnica diretta a ricostruire l’effettivo aggravio nel corso degli esercizi sociali del deficit causato da siffatti comportamenti, trattandosi di mezzo istruttorio che, per la sua complessità, risulta incompatibile con la natura sommaria di tale procedimento.

In tema di sequestro conservativo, il requisito del periculum in mora può essere desunto sia da elementi oggettivi, concernenti la capacità patrimoniale del debitore in rapporto all’entità del credito, sia da elementi soggettivi, rappresentati dal comportamento del debitore, il quale lasci fondatamente presumere l’intento di porre in essere, al fine di sottrarsi all’adempimento, atti dispositivi, idonei a provocare l’eventuale depauperamento del suo patrimonio.

(Conforme a Cass. nn. 6460/1996; 2139/1998; 2081/2002).

Principi espressi in ipotesi di parziale riforma, in sede di reclamo, del provvedimento, concesso ante causam, con il quale era stato autorizzato il sequestro conservativo in danno degli amministratori di una s.r.l. fallita, a fronte del fumus della loro responsabilità per atti di “mala gestio” posti in essere a danno della società gestita, consistenti nella mancata tempestiva rilevazione della causa di scioglimento rappresentata dalla perdita integrale del capitale sociale e nella prosecuzione illegittima dell’attività di impresa per finalità non conservative.

(Massima a cura di Francesco Maria Maffezzoni)

Ord. 20.7.2018




Ordinanza del 13 luglio 2018 – Presidente: dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: dott. Lorenzo Lentini

In tema di sequestro conservativo, deve ritenersi sussistente il requisito del fumus boni iuris laddove l’amministratore unico di una società a responsabilità limitata, poi fallita, abbia omesso di accertare, sulla base delle risultanze del bilancio di esercizio, l’avvenuta verificazione della causa di scioglimento di cui all’art. 2484, co. 1, n. 4), c.c. e di assumere i provvedimenti di cui all’art. 2482-ter c.c.

Ai fini della concessione della misura cautelare del sequestro conservativo, il requisito del periculum in mora può essere integrato, in via anche alternativa, sia da elementi oggettivi, riguardanti la consistenza del patrimonio del debitore sotto il profilo qualitativo (ad esempio liquidità dei beni ivi inclusi) e quantitativo, in rapporto all’entità del credito fatto valere, sia da elementi soggettivi, connessi al comportamento del debitore, laddove quest’ultimo agisca con modalità tali da accrescere il ragionevole rischio di depauperamento del patrimonio ovvero da evidenziare la sua intenzione di sottrarsi all’adempimento.

In particolare, sotto il profilo del periculum c.d. soggettivo, assume rilievo la mancata tenuta delle scritture contabili, la quale costituisce una circostanza sintomatica di un atteggiamento di trascuratezza e disinteresse verso le sorti della società, dalla quale non è ragionevole desumere alcuna prognosi favorevole circa la spontanea salvaguardia della garanzia patrimoniale generica dovuta ai creditori (conf. Trib. Milano 28.05.2017).

Sotto il profilo del periculum c.d.  oggettivo, può assumere rilevanza l’esistenza di controversie in materia successoria idonee a compromettere l’integrità del patrimonio delle parti.

 Nell’ambito dei giudizi di responsabilità degli amministratori di società fallite ex art. 146 l. fall. il criterio di quantificazione del danno più adeguato è quello dei c.d. “netti patrimoniali”, il quale consente di apprezzare l’effettivo contributo del soggetto, anche sul piano causale, alla verificazione del pregiudizio concretamente ascrivibile alla condotta lamentata, che nel caso di specie è rappresentata dalla illegittima prosecuzione dell’attività sociale.

I principi sono stati espressi nei giudizi di reclamo promossi dall’amministratore unico e dagli amministratori “di fatto” di una società a responsabilità limitata, poi fallita, avverso l’ordinanza che aveva concesso il sequestro conservativo ai danni dei medesimi, pronunciata nell’ambito di un’azione di responsabilità ex art. 146 l. fall. 

Al riguardo, i reclamanti contestavano la sussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora, nonché il criterio di quantificazione del danno, concludendo per la revoca del provvedimento cautelare.

(Massima a cura di Marika Lombardi)