1

Decreto del 27 febbraio 2018 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott.ssa Angelina Augusta Baldissera

È ammissibile la domanda di omologa dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, ex artt. 182-bis e 182-septies l.f., quando il piano prevede che i creditori vengano soddisfatti non mediante la liquidazione dell’attivo patrimoniale – in larga parte formato da immobili – ma esclusivamente mediante le disponibilità liquide già esistenti presso le casse sociali e l’apporto di finanza esterna da parte dei soci.

E’ possibile estendere, ex art. 182-septies l.f., gli effetti dell’accordo di ristrutturazione dei debiti ad una banca non aderente qualora siano ravvisabili i presupposti quantitativi di cui ai commi 1 e 2 di tale norma, posto che: i) il ceto creditorio della società debitrice è rappresentato per la quasi totalità da banche e quelle aderenti rappresentano oltre la metà dei crediti della categoria; ii) sussistono posizioni giuridiche e interessi economici omogenei, considerata la natura chirografaria dei crediti delle banche interessate; iii) risulta verificata dall’attestatore l’insussistenza di alternative concretamente praticabili più favorevoli in caso di liquidazione del patrimonio della società debitrice; iv) sono state documentate le trattative intercorse fra la società debitrice e il ceto creditorio.

Principi espressi in ipotesi di accoglimento della domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti, della quale il Tribunale ha ritenuto sussistenti i presupposti di legge in assenza di opposizioni da parte degli interessati.

(Massima a cura di Francesco Maria Maffezzoni)




Ordinanza del 5 febbraio 2018 – Presidente relatore: dott. Stefano Rosa

In tema di concorrenza sleale, ai fini della concessione della misura cautelare dell’inibitoria a seguito di descrizione, appare incoerente rispetto alla ratiodell’istituto, che risponde ad una logica di prevenzione del danno o del maggior danno, pretendere la compiuta attuazione di un programma di sviamento e storno di clientela e collaboratori quale presupposto della misura, risultando sufficiente l’acquisizione, in sede di descrizione, di consistenti indizi circa la natura potenzialmente non lecita dell’attività svolta dal soggetto contro il quale la predetta misura sia richiesta. 

Nel caso di specie, in particolare, in sede di descrizione erano state rinvenute numerose e-mail ad oggetto lavorativo sul telefono cellulare dell’amministratore (di fatto) della società contro cui la misura era stata richiesta, ritenendosi pertanto che il carattere personale del mezzo informatico adoperato per i contatti commerciali e l’occultamento della (inequivoca) qualità di amministratore (di fatto) deponessero per una occulta utilizzazione di dati commerciali pertinenti alla società ricorrente in sede cautelare, intesa a determinare una più agevole collocazione sul mercato della concorrente di nuova costituzione (contro cui la misura era stata chiesta).

Il principio è stato espresso nel giudizio di reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. promosso da una s.r.l.s. (reclamante) nei confronti di una s.r.l. (reclamata) avverso l’ordinanza cautelare che aveva inibito alla reclamante e all’amministratore (di fatto) della medesima società di intrattenere rapporti commerciali, per un periodo di tempo determinato, con taluni clienti ed intermediari della reclamata.

La reclamante, in particolare, chiedeva la revoca dell’ordinanza impugnata o comunque la riduzione del periodo di divieto, affermando la sostanziale inettitudine della documentazione acquisita in sede di descrizione a comprovare un’attività illecita – sul piano concorrenziale – ad essa imputabile.

Sul punto il Tribunale, ritenuta la descrizione quale momento di presumibile interruzione dell’attività illecita (sul piano concorrenziale), in parziale riforma dell’ordinanza impugnata, ha parzialmente accolto il reclamo disponendo la riduzione del periodo di divieto.

(Massima a cura di Marika Lombardi)