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Sentenza del 17 novembre 2017, n. 3358 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott.ssa Angelina Augusta Baldissera

Quand’anche il bilancio dell’esercizio precedente sia già stato impugnato per i medesimi profili di invalidità, sussiste l’interesse del socio astenuto ad impugnare la deliberazione assembleare di approvazione del bilancio dell’esercizio successivo in caso di lamentata violazione dei principi di verità, precisione e correttezza ex art. 2423 c.c. Infatti, il bilancio non ha solo la funzione di misurare utili e perdite di esercizio, ma anche quella di informare il socio, oltre che i terzi, al fine di consentirgli l’esercizio consapevole dei propri diritti amministrativi – trai quali  il voto in assemblea – e la corretta percezione del valore della propria partecipazione. Dunque, la pendenza di una precedente impugnativa di bilancio pone una questione solo potenziale di contrasto tra giudicati e di sospensione ex art. 337, 2° co., c.p.c. (nel caso di specie neppure sussistente, dato che non era stata ancora pronunciata alcuna sentenza).

Il vaglio circa l’osservanza dei principi dettati dall’art. 2423 c.c. in tema di redazione del bilancio richiede necessariamente un esame incidentale delle caratteristiche del controcredito opposto in compensazione, vantato dalla società verso un socio, per stabilire se detta compensazione sia stata correttamente operata e se la decurtazione del maggior credito vantato dal socio, esposta nel bilancio impugnato alla voce “debiti verso soci per finanziamenti”,  sia veritiera e corretta.

Grava in capo alla società il cui bilancio è impugnato, in virtù del generale principio della vicinanza della prova, l’onere di provare il proprio controcredito verso il socio e la sussistenza dei presupposti della compensazione legale, dovendosi altrimenti considerare indebita la relativa decurtazione della voce “debiti verso soci per finanziamenti” operata nel bilancio impugnato, configurando questa una rappresentazione inveritiera e scorretta della situazione patrimoniale della società.

La violazione di principi di verità, chiarezza e precisione dettati dall’art. 2423 c.c. integra un’ipotesi di illiceità del bilancio, di conseguenza si deve ritenere nulla la deliberazione assembleare con la quale questo viene approvato.

Principi espressi in una causa di impugnazione della deliberazione assembleare di una s.r.l. avente ad oggetto l’approvazione del bilancio di esercizio, nel quale era stata riportata una riduzione della voce “debiti verso soci per finanziamenti” che è stata ritenuta contraria ai principi di verità, chiarezza e precisione dettati dall’art. 2423 c.c. La società convenuta non aveva infatti fornito adeguata prova del proprio credito posto in compensazione con il maggior credito del socio, iscritto in bilancio alla voce predetta, sicché la riduzione di questa è stata reputata indebita.

Sent. 17.11.2017, n. 3358

(Massima a cura di Sara Pietra Rossi)




Sentenza del 4 novembre 2017, n. 3171 – Presidente relatore: Dott. Stefano Rosa

La natura contrattuale della responsabilità della capogruppo nei confronti dei soci e dei creditori delle società etero-dirette non esime costoro dalla prova dei comportamenti dell’impresa holding concretamente posti in essere, non valendo la presunzione di direzione e coordinamento ad invertire l’onere della prova in relazione alla allegazione di inadempimento dei supposti obblighi contrattuali.

Tale onere di allegazione e prova riguarda sia il comportamento della holding sia il nesso causale tra tali condotte ed il danno lamentato: laddove, in particolare, non può legittimamente concepirsi l’inadempimento della capogruppo per il sol fatto del mancato raggiungimento del risultato atteso dal creditore o dal socio e ciò in considerazione della distinzione normativa tra posizione di direzione e coordinamento e violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale attuata in conflitto d’interessi della capogruppo (in favore proprio o altrui), ossia dell’esigenza che il concreto abuso della direzione, il quale in nessun modo può essere presunto, sia oggetto di specifica allegazione e prova di chi affermi la responsabilità de quo, dovendosi peraltro escludere l’applicabilità della responsabilità ex art. 2497 c.c. ai comportamenti omissivi.

I principi sono stati espressi nel giudizio promosso dal socio di s.r.l., poi fallita, al fine di ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali subiti in conseguenza del depauperamento patrimoniale della società dal medesimo partecipata per effetto di appalti asseritamente assegnati a corrispettivo “gonfiato” rispetto a quello di mercato e comunque caratterizzati da una gestione contabile di cantiere irregolare; in diritto, l’attore richiamava la responsabilità per la violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale attuata in conflitto di interessi ex art. 2497 c.c., convenendo in giudizio la società presunta controllante (esercente la direzione nei confronti della s.r.l. dallo stesso partecipata), nonché altri soggetti (enti e presone fisiche) presunti compartecipi e/o traenti vantaggio dagli illeciti denunciati.

Sul punto il Tribunale, accertata la carenza dei presupposti ai fini dell’applicazione dell’art. 2497 c.c., ha rigettato le domande formulate dall’attore.

(Massima a cura di Marika Lombardi)