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Ordinanza del 23 gennaio 2017 – Giudice istruttore: dott.ssa Angelina Augusta Baldissera

Nella trasformazione da società in accomandita semplice a società a responsabilità limitata, la distinzione tra una decisione di trasformazione e una di nomina degli amministratori non è pertinente, dovendosi invece concludere che anche la nomina dell’organo amministrativo costituisca parte integrante e necessaria dell’atto di trasformazione, da valutarsi unitariamente. Ciò posto, l’effetto di stabilizzazione conseguente alla pubblicità si deve ritenere esteso anche alla determinazione di nomina dell’amministratore.

Principio espresso in ipotesi di rigetto dell’istanza, proposta ex artt. 2479 ter e 2378 c.c., di sospensione dell’efficacia esecutiva di una deliberazione di nomina dell’amministratore unico contenuta nella decisione, redatta per atto pubblico, con la quale la maggioranza dei soci di una s.a.s. aveva deliberato la trasformazione della società in s.r.l., rigetto basato sull’assunto secondo cui la nomina dell’organo amministrativo costituisce parte integrante e necessaria dell’atto di trasformazione, da valutarsi unitariamente. E poiché l’atto di trasformazione della s.a.s. era stato già iscritto nel registro delle imprese prima dell’instaurazione del giudizio, l’effetto di stabilizzazione conseguente alla pubblicità è stato considerato esteso anche alla determinazione di nomina dell’amministratore. Peraltro, il rimedio cautelare dell’art. 2378 c.c., come la relativa azione di annullamento, non è stato reputato azionabile con riferimento alle decisioni dei soci di società di persone, la cui invalidità – non essendo previsto in esse un organo assembleare – è retta dai principi generali in materia di atti negoziali plurisoggettivi, e non dagli artt. 2377 e 2379 c.c. (Cass., n. 8276/2002). Il rigetto della istanza suddetta è stato motivato altresì dall’assenza del periculum in mora, che, in base all’art. 2378, 4° co., c.c., richiede una valutazione di bilanciamento degli opposti interessi. Nel caso di specie è risultato prevalente l’interesse della società a conservare una guida gestoria, tanto più perché la nomina dell’amministratore era contenuta in un atto di trasformazione che aveva già prodotto irreversibilmente i suoi effetti.

(Massima a cura di Sara Pietra Rossi)

Ord. 23.1.2017




Sentenza del 14 gennaio 2017, n. 103- Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott. Stefano Franchioni

Anche nel caso in cui vi sia una coincidenza personale tra soci e amministratori, occorre una delibera dell’assemblea dei soci per l’attribuzione dei compensi agli amministratori, in quanto gli utili percepiti in qualità di soci costituiscono una remunerazione del capitale investito, a differenza dei compensi percepiti come amministratori che costituiscono, invece, una controprestazione dovuta per l’incarico svolto (incarico, tra l’altro, conferito con delibera del medesimo organo assembleare).

E’ ormai pacifica in dottrina e in giurisprudenza la legittimazione concorrente della società accanto a quella del singolo socio ex art. 2476, comma 3, c.c. per cui, applicando in via analogica il disposto di cui all’art. 2393 c.c., è necessaria un’apposita deliberazione dell’assemblea dei soci affinché la società (convenuta) possa agire (in via riconvenzionale) nei confronti degli amministratori per mala gestio. Questo assunto trova fondamento anche nell’art. 2476, comma 5, c.c., norma che richiede il consenso dei soci per disporre delle sorti dell’azione di responsabilità (rinunzia o transazione) e dalla quale si può evincere che spetti ai soci anche il potere-dovere di deliberare l’azione giudiziaria.

Principi espressi dal Tribunale con riguardo alla richiesta di un amministratore volta ad ottenere la condanna della società al pagamento dei compensi per l’attività gestoria dallo stesso effettuata ed espressamente riconosciuta dai soci tramite delibera assembleare.

Il Tribunale ha ribadito, inoltre, il principio della legittimazione concorrente della s.r.l. a proporre azione di responsabilità, ex art. 2476, comma 3, c.c., in presenza di preventiva delibera assembleare.

Sent. 14.1.2017, n. 103

(Massima a cura di Roberta Benedini)




Ordinanza del 12 gennaio 2017 – Giudice designato: dott. Raffaele Del Porto

L’art. 2378, co. 3, c.c. stabilisce il necessario collegamento fra la pendenza del giudizio di merito e la possibilità di formulare l’istanza cautelare di sospensione e l’art. 35, co. 5, d.lgs. 5/2003 affida (eccezionalmente) agli arbitri il potere di sospensione dell’efficacia della delibera assembleare in presenza di clausola compromissoria che ricomprenda nel suo ambito l’impugnazione della stessa. Da ciò ne deriva l’incompetenza del giudice ordinario a decidere sull’istanza cautelare di sospensione della deliberazione impugnata, anche in pendenza della causa di merito avanti a sé, senza che possa deporre in senso contrario il disposto dell’art. 669-quater, co. 1, c.p.c.

I principi sono stati espressi in ipotesi di ricorso cautelare promosso dal socio di s.p.a. nei confronti della società, in presenza di clausola compromissoria, al fine di ottenere la sospensione dell’esecuzione della deliberazione in conseguenza della presunta violazione di norme relative al procedimento di scissione, alla convocazione dell’assemblea e ai diritti (essenzialmente di recesso) del socio; norme poste tutte a esclusiva tutela di interessi di portata meramente individuale.

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Decreto del 5 gennaio 2017 – Presidente: dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: dott.ssa Angelina Augusta Baldissera

In tema di revocatoria ordinaria promossa dal curatore ai sensi degli artt. 66 l. fall. e 2901 c.c., ai fini della prova dell’eventus damni, il curatore ha l’onere di dimostrare tre presupposti: i) la consistenza del credito vantato dai creditori ammessi al passivo nei confronti del fallito; ii) la preesistenza delle ragioni creditorie rispetto al compimento dell’atto pregiudizievole e iii) il mutamento qualitativo o quantitativo del patrimonio del debitore per effetto di tale atto. Potrà ritenersi dimostrata la sussistenza dell’eventus damni solo se dalla valutazione complessiva e rigorosa di tutti e tre questi elementi dovesse emergere che per effetto dell’atto pregiudizievole sia divenuta oggettivamente più difficoltosa l’esazione del credito, in misura tale da eccedere la normale e fisiologica esposizione di un imprenditore verso i propri creditori (conf. Cass. n. 26331/2008).   

La creazione di una causa di prelazione a favore di un creditore non comporta necessariamente un pregiudizio ai creditori chirografari, laddove vi siano altri beni sui quali anche questi ultimi possano soddisfarsi.

Principi espressi in ipotesi di accoglimento di opposizione allo stato passivo, avendo il Tribunale riconosciuto il privilegio pignoratizio al credito dell’opponente, attesa l’insussistenza dei requisiti richiesti per la revocabilità del pegno ai sensi degli artt. 2901 c.c. e 66 l.f., tanto sotto il profilo oggettivo dell’eventus damni, quanto sotto quello soggettivo della conoscenza da parte del debitore e del terzo di tale evento pregiudizievole.   

(Massime a cura di Francesco Maria Maffezzoni)