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Ordinanza del 17 agosto 2016 – Presidente: dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: dott. Stefano Franchioni

La proposizione del reclamo ex art. 591-ter c.p.c. avverso gli atti del professionista delegato non soggiace a uno specifico termine di legge, dovendosi tuttavia escludere che detto reclamo possa proporsi sine die, anche al fine di conferire stabilità agli atti della procedura esecutiva, dovendosi pertanto concludere che le parti e gli interessati possano proporre reclamo avverso gli atti del delegato, fino all’emissione del provvedimento conclusivo della fase procedimentale del quale l’atto impugnato fa parte.

In applicazione di tale principio va ritenuto inammissibile, perché tardivo, il reclamo ex art. 591-ter c.p.c. diretto a censurare i ribassi operati nell’ambito dei precedenti esperimenti di vendita andati deserti, trattandosi, all’evidenza, di reclamo avverso atti del professionista delegato relativi a fasi procedimentali ormai concluse (conf. Trib. Brescia, ord. 22 luglio 2016).

La regola contenuta nell’art. 2929 c.c., secondo il quale la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o l’assegnazione non ha effetto riguardo all’acquirente o all’assegnatario, non trova applicazione quando la nullità riguardi proprio la vendita o l’assegnazione, sia che si tratti di vizi che direttamente la concernano, sia che si tratti di vizi che rappresentino il riflesso della tempestiva e fondata impugnazione di atti del procedimento esecutivo anteriori, ma ad essi obbligatoriamente prodromici (conf., tra le più recenti, Cass. n. 26930/2014, n. 13824/2010, n. 21682/2009).

I principi sono stati espressi nel giudizio di reclamo, ex artt. 624 e 669-terdecies c.p.c., promosso dal debitore esecutato avverso il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione aveva respinto l’istanza di sospensione dell’esecuzione immobiliare, proposta nel contesto di opposizione ex art. 617, co. 2, c.p.c. avverso il provvedimento pronunciato dal medesimo giudice ai sensi dell’art. 591-ter c.p.c.

Il reclamante, in particolare, chiedeva l’accertamento dell’illegittimità degli atti compiuti dal professionista delegato, non avendo, in tesi, il professionista rispettato la sequenza di “vendita senza incanto-vendita con incanto” ed avendo il medesimo violato le disposizioni sui “ribassi” di cui agli artt. 569, co. 3, 576 e 591 c.p.c.

Sul punto il Tribunale, accertato il difetto del requisito del fumus boni iuris, ha rigettato il reclamo, confermando il provvedimento impugnato.

(Massima a cura di Marika Lombardi)




Sentenza del 3 agosto 2016, n. 2412 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott.ssa Vincenza Agnese

L’esercizio dell’azione nei confronti del creditore principale non implica il trasferimento del credito ceduto (in garanzia) in capo al cedente, in quanto il cessionario è legittimato ad azionare sia il credito principale sia quello ceduto in garanzia; il credito ceduto in garanzia potrà ritornare nella sfera giuridica del cedente, solo in seguito al soddisfacimento della pretesa creditoria garantita. L’art. 61 L.F. esclude vi sia automatismo tra insinuazione allo stato passivo del fallimento e liberazione dell’obbligo solidale.

Nella cessione di azienda anche l’acquirente risponde dei debiti dell’alienante, purché questi risultino dai libri contabili obbligatori (art. 2560, comma 2, c.c.); infatti l’iscrizione dei debiti nei libri contabili è elemento costitutivo della responsabilità dell’acquirente per tali debiti e non potrà essere dimostrata nemmeno dalla sussistenza di altri elementi comprovanti la situazione debitoria dell’azienda ceduta.

Principi espressi in ipotesi di rigetto della domanda, proposta dalla curatela fallimentare, volta all’accertamento dell’esistenza di un contratto di cessione di credito e alla relativa condanna al pagamento dello stesso.

Sent. 3.8.2016, n. 2412

(Massima a cura di Roberta Benedini)