1

Ordinanza del 25 marzo 2015 – Presidente: dott. Stefano Rosa – Giudice relatore: dott.ssa Vincenza Agnese

La diversità grafica, la fonetica, l’aggiunta di una certa dicitura, la classe merceologica e la diversità della qualità dei prodotti non appaiono, in sé, elementi di differenziazione sufficienti ad escludere l’identità sostanziale del segno e dei prodotti commercializzati e, dunque, la tutela offerta al titolare del marchio ai sensi dell’art. 20 c.p.i.

Deve infatti ritenersi che, in primo luogo, né il carattere maiuscolo o minuscolo delle (stesse) lettere che compongono la denominazione dei segni distintivi né la proposta di lettura dei marchi con accenti diversi siano adeguati ad escluderne la confondibilità presso il consumatore.

Neppure può considerarsi, allo stato, adeguato elemento di differenziazione la circostanza che la registrazione del marchio rechi una certa dicitura né che esso sia stato registrato per una classe merceologica diversa, laddove siano in concreto commercializzati (anche) prodotti non recanti la dicitura aggiuntiva e afferenti a classe merceologica che pure non corrisponde a quella di registrazione.

Infine, nemmeno la qualità superiore o inferiore dei prodotti, determinata in ragione del materiale utilizzato per la produzione, è in grado di elidere l’identità delle loro caratteristiche. Ciò, particolarmente, in ipotesi di commercializzazione via web, poiché il consumatore non ha la possibilità di toccare i prodotti al fine di cogliere l’eventuale differenza di qualità dei materiali impiegati, e, in ogni caso, quando il commercio avviene mediante punti vendita tradizionali ove il consumatore non abbia contemporaneamente a disposizione entrambi i prodotti.

L’eccezione di preclusione per tolleranza, di cui all’art. 28 c.p.i., presuppone la conoscenza effettiva in capo al titolare della registrazione anteriore dell’uso del marchio da parte di chi intenda giovarsene. La prova deve essere fornita da chi eccepisce la convalidazione, non risultando sufficiente, a tal fine, la pubblicità costituita dalla registrazione.

(Conforme a Corte di Giustizia UE, 22 settembre 2011, caso Anheuser-Busch; Cass. n. 26498/2013; Trib. di Torino, 15.01.2010).

Ulteriormente, la prova non può considerarsi raggiunta mediante la mera allegazione dell’esistenza di una proposta di collaborazione risalente nel tempo tra i titolari.

La mancata specifica allegazione e prova di ogni danno all’immagine derivante dall’uso di un marchio confondibile esclude la necessità di pubblicazione del dispositivo del provvedimento che ne inibisce l’uso medesimo, integrando siffatta pubblicazione una fattispecie di risarcimento in forma specifica che presuppone un accertamento pur sommario della effettiva verificazione del relativo danno.

L’applicazione dei principi, ex art. 22 c.p.i., elaborati in ordine alla capacità distintiva ed alla novità dei marchi alla denominazione sociale deve essere contemperata con la specifica disciplina e la funzione svolta da quest’ultima. Deve, infatti, rammentarsi che la denominazione sociale può rimanere immutata anche nell’ipotesi di cambiamento dell’oggetto sociale, ciò in quanto ha la funzione di individuare la società come soggetto di diritto, prescindendo dall’attività in concreto svolta.

(Conforme a Trib. di Torino, 08.05.1996; Trib. di Bari, 21.12.2006).

Principi applicati in ipotesi di parziale accoglimento di reclamo avverso l’ordinanza di accoglimento del ricorso, ex artt. 700 c.p.c. e 129-131 c.p.i., che ha disposto nei confronti della reclamante: l’inibizione del commercio dei prodotti simili a quelli commercializzati dalla reclamata; il ritiro dal commercio di detti prodotti, con sequestro di quelli presenti presso la sede, le pertinenze e le dipendenze; l’utilizzo del marchio confondibile nella denominazione sociale; l’utilizzo di pagine Facebook contenti il marchio confondibile; il pagamento di una penale per la violazione e il ritardo dell’esecuzione del provvedimento; nonché la pubblicazione del dispositivo su un quotidiano nazionale e, per trenta giorni, sul sito web della medesima.

Nello specifico, l’ordinanza impugnata è stata revocata nei punti in cui inibiva alla reclamante l’utilizzo del marchio confondibile nella denominazione sociale e in cui ordinava la pubblicazione del dispositivo.

Ord. 25.3.2015

(Massima a cura di Marika Lombardi)