Sentenza del 5 aprile 2019 – Presidente: dott. Raffaele Del Porto – Giudice relatore: dott. Lorenzo Lentini

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Stante il disposto dell’art. 99, co. 1, c.p.i. che fa salva la disciplina della concorrenza sleale, l’insussistenza dei requisiti per accordare al know-how la tutela offerta dal c.p.i. non fa venire meno l’applicabilità dei principi generali in tema di concorrenza sleale, dovendosi ritenere condotta contraria ai principi della correttezza tra imprenditori lo sfruttamento abusivo di altrui informazioni tecniche o commerciali, aventi carattere riservato (sia pure non “segreto”) e apprezzabile valore economico, di cui l’imprenditore sia venuto in possesso per circostanze fortuite (nel caso di specie, l’esistenza di una passata trattativa tra la società attrice ed un cliente della società convenuta aveva consentito a quest’ultimo di trattenere indebitamente disegni, progetti e altro materiale tecnico, rientrante nella esclusiva titolarità di parte attrice, e di metterlo a disposizione di un diverso “fornitore”, ovvero la società convenuta, al fine di ottenere condizioni commerciali più competitive).

In mercati caratterizzati dalla realizzazione di commesse sulla base di progetti condivisi dal committente e dalla particolare qualificazione dei soggetti che vi operano, l’imitazione di “aspetti esteriori” non è idonea a costituire un illecito confusorio laddove il profilo estetico degli impianti realizzati non rivesta carattere centrale nell’aggiudicazione degli appalti e non sia elemento tale da generare vantaggi competitivi, né rischi di confusione in capo ai fruitori, essendo questi in grado di distinguere i prodotti forniti e i servizi resi dai diversi operatori del mercato in questione. 

L’indebito utilizzo di informazioni riservate tecniche altrui integra la fattispecie “generale” di cui all’art. 2598, n. 3), c.c., sicché deve ritenersi escluso che tale condotta possa integrare altresì l’attività di appropriazione di pregi di cui all’art. 2598, n. 2), c.c.

Non può trovare accoglimento la domanda di risarcimento del danno derivante da atti di concorrenza sleale laddove il danno sofferto in conseguenza della condotta avversaria non risulti provato. In particolare, in ipotesi in cui l’agente lamenti un pregiudizio da ricondurre alla categoria della “perdita di chance”, incombe su quest’ultimo l’onere di provare la sussistenza di elementi oggettivi e certi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità e non di mera potenzialità, l’esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile (conf. Cass. n. 15385/2011).

Deve ritenersi infondata la domanda di tutela di cui all’art. 99 l.d.a. in difetto dei presupposti di applicazione della suddetta norma, presupponendo la medesima il carattere di originalità del progetto ingegneristico (conf. Trib. Milano 31.05.2016). In ogni caso, l’esercizio del diritto all’equo compenso è altresì condizionato alla previa esecuzione degli adempimenti di cui all’art. 99, co. 2, l.d.a., sicché in caso di mancata esecuzione la domanda deve ritenersi infondata anche alla luce del disposto di cui all’art. 11 del regolamento per l’esecuzione della l.d.a.

Allorché ad una consulenza tecnica d’ufficio siano mosse critiche puntuali e dettagliate da un consulente di parte, il giudice che intenda disattenderle ha l’obbligo di indicare nella motivazione della sentenza le ragioni di tale scelta, senza che possa limitarsi a richiamare acriticamente le conclusioni del proprio consulente, ove questi a sua volta non si sia fatto carico di esaminare e confutare i rilievi di parte (conf. Cass. n. 23637/2016). Argomentando a contrariosi ricava che laddove il C.T.U. abbia esaminato i rilievi mossi dai consulenti di parte e replicato puntualmente, non sussiste in capo al tribunale l’onere di motivazione sul punto, onere già compiutamente assolto dal perito.

I principi sono stati espressi nel giudizio promosso nei confronti della concorrente s.n.c., ai fini dell’accertamento degli illeciti di concorrenza sleale ex art. 2598, nn. 1), 2) e 3), c.c. e della violazione dei diritti autorali connessi di cui all’art. 99 l.d.a.; per l’effetto, l’attore chiedeva: (i) di inibire la prosecuzione degli illeciti eventualmente accertati ai sensi degli artt. 2599 c.c., 99 l.d.a. e 156 l.d.a.; (ii) di ordinare la restituzione di documenti contenenti informazioni riservate e di inibirne qualunque utilizzo futuro; (iii) il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti; (iv) la pubblicazione della sentenza; (v) la fissazione di una penale per ciascuna violazione.

Al riguardo, l’attrice lamentava: (i) l’indebito sfruttamento di dati tecnico-commerciali di sua proprietà trasmessi in forma riservata e in sede precontrattuale ad alcuni potenziali clienti, che li avevano successivamente messi a disposizione della società convenuta; (ii) la realizzazione di impianti con identiche caratteristiche di lay-out ossia estetiche e non necessariamente tecniche; (iii) l’appropriazione di pregi.

(Massima a cura di Marika Lombardi)